viernes, 28 de agosto de 2020

Paradiso, Canto XXIX

CANTO XXIX

[Canto XXIX, ove si tratta de la superbia e cacciamento de li rei e malvagi angeli e de la dilezione e gloria de' buoni; e infine si riprende tutti coloro che predicando si partono dal santo Evangelio e dicono favole; e contiencisi in questo canto certe declaragioni di certe oscuritadi del celestiale regno.]

Quando ambedue li figli di Latona,

coperti del Montone e de la Libra,

fanno de l'orizzonte insieme zona,

quant' è dal punto che 'l cenìt inlibra

infin che l'uno e l'altro da quel cinto,

cambiando l'emisperio, si dilibra,

tanto, col volto di riso dipinto,

si tacque Bëatrice, riguardando

fiso nel punto che m'avëa vinto.

Poi cominciò: «Io dico, e non dimando,

quel che tu vuoli udir, perch' io l'ho visto

là 've s'appunta ogne ubi e ogne quando.

Non per aver a sé di bene acquisto,

ch'esser non può, ma perché suo splendore

potesse, risplendendo, dir "Subsisto",

in sua etternità di tempo fore,

fuor d'ogne altro comprender, come i piacque,

s'aperse in nuovi amor l'etterno amore.

Né prima quasi torpente si giacque;

ché né prima né poscia procedette

lo discorrer di Dio sovra quest' acque.

Forma e materia, congiunte e purette,

usciro ad esser che non avia fallo,

come d'arco tricordo tre saette.

E come in vetro, in ambra o in cristallo

raggio resplende sì, che dal venire

a l'esser tutto non è intervallo,

così 'l triforme effetto del suo sire

ne l'esser suo raggiò insieme tutto

sanza distinzïone in essordire.

Concreato fu ordine e costrutto

a le sustanze; e quelle furon cima

nel mondo in che puro atto fu produtto;

pura potenza tenne la parte ima;

nel mezzo strinse potenza con atto

tal vime, che già mai non si divima.

Ieronimo vi scrisse lungo tratto

di secoli de li angeli creati

anzi che l'altro mondo fosse fatto;

ma questo vero è scritto in molti lati

da li scrittor de lo Spirito Santo,

e tu te n'avvedrai se bene agguati;

e anche la ragione il vede alquanto,

che non concederebbe che ' motori

sanza sua perfezion fosser cotanto.

Or sai tu dove e quando questi amori

furon creati e come: sì che spenti

nel tuo disïo già son tre ardori.

Né giugneriesi, numerando, al venti

sì tosto, come de li angeli parte

turbò il suggetto d'i vostri alimenti.

L'altra rimase, e cominciò quest' arte

che tu discerni, con tanto diletto,

che mai da circüir non si diparte.

Principio del cader fu il maladetto

superbir di colui che tu vedesti

da tutti i pesi del mondo costretto.

Quelli che vedi qui furon modesti

a riconoscer sé da la bontate

che li avea fatti a tanto intender presti:

per che le viste lor furo essaltate

con grazia illuminante e con lor merto,

sì c'hanno ferma e piena volontate;

e non voglio che dubbi, ma sia certo,

che ricever la grazia è meritorio

secondo che l'affetto l'è aperto.

Omai dintorno a questo consistorio

puoi contemplare assai, se le parole

mie son ricolte, sanz' altro aiutorio.

Ma perché 'n terra per le vostre scole

si legge che l'angelica natura

è tal, che 'ntende e si ricorda e vole,

ancor dirò, perché tu veggi pura

la verità che là giù si confonde,

equivocando in sì fatta lettura.

Queste sustanze, poi che fur gioconde

de la faccia di Dio, non volser viso

da essa, da cui nulla si nasconde:

però non hanno vedere interciso

da novo obietto, e però non bisogna

rememorar per concetto diviso;

sì che là giù, non dormendo, si sogna,

credendo e non credendo dicer vero;

ma ne l'uno è più colpa e più vergogna.

Voi non andate giù per un sentiero

filosofando: tanto vi trasporta

l'amor de l'apparenza e 'l suo pensiero!

E ancor questo qua sù si comporta

con men disdegno che quando è posposta

la divina Scrittura o quando è torta.

Non vi si pensa quanto sangue costa

seminarla nel mondo e quanto piace

chi umilmente con essa s'accosta.

Per apparer ciascun s'ingegna e face

sue invenzioni; e quelle son trascorse

da' predicanti e 'l Vangelio si tace.

Un dice che la luna si ritorse

ne la passion di Cristo e s'interpuose,

per che 'l lume del sol giù non si porse;

e mente, ché la luce si nascose

da sé: però a li Spani e a l'Indi

come a' Giudei tale eclissi rispuose.

Non ha Fiorenza tanti Lapi e Bindi

quante sì fatte favole per anno

in pergamo si gridan quinci e quindi:

sì che le pecorelle, che non sanno,

tornan del pasco pasciute di vento,

e non le scusa non veder lo danno.

Non disse Cristo al suo primo convento:

'Andate, e predicate al mondo ciance';

ma diede lor verace fondamento;

e quel tanto sonò ne le sue guance,

sì ch'a pugnar per accender la fede

de l'Evangelio fero scudo e lance.

Ora si va con motti e con iscede

a predicare, e pur che ben si rida,

gonfia il cappuccio e più non si richiede.

Ma tale uccel nel becchetto s'annida,

che se 'l vulgo il vedesse, vederebbe

la perdonanza di ch'el si confida:

per cui tanta stoltezza in terra crebbe,

che, sanza prova d'alcun testimonio,

ad ogne promession si correrebbe.

Di questo ingrassa il porco sant' Antonio,

e altri assai che sono ancor più porci,

pagando di moneta sanza conio.

Ma perché siam digressi assai, ritorci

li occhi oramai verso la dritta strada,

sì che la via col tempo si raccorci.

Questa natura sì oltre s'ingrada

in numero, che mai non fu loquela

né concetto mortal che tanto vada;

e se tu guardi quel che si revela

per Danïel, vedrai che 'n sue migliaia

determinato numero si cela.

La prima luce, che tutta la raia,

per tanti modi in essa si recepe,

quanti son li splendori a chi s'appaia.

Onde, però che a l'atto che concepe

segue l'affetto, d'amar la dolcezza

diversamente in essa ferve e tepe.

Vedi l'eccelso omai e la larghezza

de l'etterno valor, poscia che tanti

speculi fatti s'ha in che si spezza,

uno manendo in sé come davanti».

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