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viernes, 28 de agosto de 2020

Paradiso, Canto XXXII

CANTO XXXII

[Canto XXXII, ove tratta come santo Bernardo mostrò a Dante ordinatamente li luoghi de' beati del Vecchio e del Nuovo Testamento; e come a la voce de l'Arcangelo Gabriello laudavano nostra Madonna, cioè la Virgine Maria.]

Affetto al suo piacer, quel contemplante

libero officio di dottore assunse,

e cominciò queste parole sante:

«La piaga che Maria richiuse e unse,

quella ch'è tanto bella da' suoi piedi

è colei che l'aperse e che la punse.

Ne l'ordine che fanno i terzi sedi,

siede Rachel di sotto da costei

con Bëatrice, sì come tu vedi.

Sarra e Rebecca, Iudìt e colei

che fu bisava al cantor che per doglia

del fallo disse 'Miserere mei',

puoi tu veder così di soglia in soglia

giù digradar, com' io ch'a proprio nome

vo per la rosa giù di foglia in foglia.

E dal settimo grado in giù, sì come

infino ad esso, succedono Ebree,

dirimendo del fior tutte le chiome;

perché, secondo lo sguardo che fée

la fede in Cristo, queste sono il muro

a che si parton le sacre scalee.

Da questa parte onde 'l fiore è maturo

di tutte le sue foglie, sono assisi

quei che credettero in Cristo venturo;

da l'altra parte onde sono intercisi

di vòti i semicirculi, si stanno

quei ch'a Cristo venuto ebber li visi.

E come quinci il glorïoso scanno

de la donna del cielo e li altri scanni

di sotto lui cotanta cerna fanno,

così di contra quel del gran Giovanni,

che sempre santo 'l diserto e 'l martiro

sofferse, e poi l'inferno da due anni;

e sotto lui così cerner sortiro

Francesco, Benedetto e Augustino

e altri fin qua giù di giro in giro.

Or mira l'alto proveder divino:

ché l'uno e l'altro aspetto de la fede

igualmente empierà questo giardino.

E sappi che dal grado in giù che fiede

a mezzo il tratto le due discrezioni,

per nullo proprio merito si siede,

ma per l'altrui, con certe condizioni:

ché tutti questi son spiriti asciolti

prima ch'avesser vere elezïoni.

Ben te ne puoi accorger per li volti

e anche per le voci püerili,

se tu li guardi bene e se li ascolti.

Or dubbi tu e dubitando sili;

ma io discioglierò 'l forte legame

in che ti stringon li pensier sottili.

Dentro a l'ampiezza di questo reame

casüal punto non puote aver sito,

se non come tristizia o sete o fame:

ché per etterna legge è stabilito

quantunque vedi, sì che giustamente

ci si risponde da l'anello al dito;

e però questa festinata gente

a vera vita non è sine causa

intra sé qui più e meno eccellente.

Lo rege per cui questo regno pausa

in tanto amore e in tanto diletto,

che nulla volontà è di più ausa,

le menti tutte nel suo lieto aspetto

creando, a suo piacer di grazia dota

diversamente; e qui basti l'effetto.

E ciò espresso e chiaro vi si nota

ne la Scrittura santa in quei gemelli

che ne la madre ebber l'ira commota.

Però, secondo il color d'i capelli,

di cotal grazia l'altissimo lume

degnamente convien che s'incappelli.

Dunque, sanza mercé di lor costume,

locati son per gradi differenti,

sol differendo nel primiero acume.

Bastavasi ne' secoli recenti

con l'innocenza, per aver salute,

solamente la fede d'i parenti;

poi che le prime etadi fuor compiute,

convenne ai maschi a l'innocenti penne

per circuncidere acquistar virtute;

ma poi che 'l tempo de la grazia venne,

sanza battesmo perfetto di Cristo

tale innocenza là giù si ritenne.

Riguarda omai ne la faccia che a Cristo

più si somiglia, ché la sua chiarezza

sola ti può disporre a veder Cristo».

Io vidi sopra lei tanta allegrezza

piover, portata ne le menti sante

create a trasvolar per quella altezza,

che quantunque io avea visto davante,

di tanta ammirazion non mi sospese,

né mi mostrò di Dio tanto sembiante;

e quello amor che primo lì discese,

cantando 'Ave, Maria, gratïa plena',

dinanzi a lei le sue ali distese.

Rispuose a la divina cantilena

da tutte parti la beata corte,

sì ch'ogne vista sen fé più serena.

«O santo padre, che per me comporte

l'esser qua giù, lasciando il dolce loco

nel qual tu siedi per etterna sorte,

qual è quell' angel che con tanto gioco

guarda ne li occhi la nostra regina,

innamorato sì che par di foco?».

Così ricorsi ancora a la dottrina

di colui ch'abbelliva di Maria,

come del sole stella mattutina.

Ed elli a me: «Baldezza e leggiadria

quant' esser puote in angelo e in alma,

tutta è in lui; e sì volem che sia,

perch' elli è quelli che portò la palma

giuso a Maria, quando 'l Figliuol di Dio

carcar si volse de la nostra salma.

Ma vieni omai con li occhi sì com' io

andrò parlando, e nota i gran patrici

di questo imperio giustissimo e pio.

Quei due che seggon là sù più felici

per esser propinquissimi ad Agusta,

son d'esta rosa quasi due radici:

colui che da sinistra le s'aggiusta

il padre per lo cui ardito gusto

l'umana specie tanto amaro gusta;

dal destro vedi quel padre vetusto

di Santa Chiesa a cui Cristo le chiavi

raccomandò di questo fior venusto.

E quei che vide tutti i tempi gravi,

pria che morisse, de la bella sposa

che s'acquistò con la lancia e coi clavi,

siede lungh' esso, e lungo l'altro posa

quel duca sotto cui visse di manna

la gente ingrata, mobile e retrosa.

Di contr' a Pietro vedi sedere Anna,

tanto contenta di mirar sua figlia,

che non move occhio per cantare osanna;

e contro al maggior padre di famiglia

siede Lucia, che mosse la tua donna

quando chinavi, a rovinar, le ciglia.

Ma perché 'l tempo fugge che t'assonna,

qui farem punto, come buon sartore

che com' elli ha del panno fa la gonna;

e drizzeremo li occhi al primo amore,

sì che, guardando verso lui, penètri

quant' è possibil per lo suo fulgore.

Veramente, ne forse tu t'arretri

movendo l'ali tue, credendo oltrarti,

orando grazia conven che s'impetri

grazia da quella che puote aiutarti;

e tu mi seguirai con l'affezione,

sì che dal dicer mio lo cor non parti».

E cominciò questa santa orazione:

viernes, 21 de agosto de 2020

Purgatorio, Canto XIII

CANTO XIII

[Canto XIII, dove si tratta del sopradetto girone secondo, e quivi si punisce la colpa della invidia; dove nomina madonna Sapìa, moglie di messer Viviano de' Ghinibaldi da Siena, e molti altri.]

Noi eravamo al sommo de la scala,

dove secondamente si risega

lo monte che salendo altrui dismala.

Ivi così una cornice lega

dintorno il poggio, come la primaia;

se non che l'arco suo più tosto piega.

Ombra non lì è né segno che si paia:

parsi la ripa e parsi la via schietta

col livido color de la petraia.

«Se qui per dimandar gente s'aspetta»,

ragionava il poeta, «io temo forse

che troppo avrà d'indugio nostra eletta».

Poi fisamente al sole li occhi porse;

fece del destro lato a muover centro,

e la sinistra parte di sé torse.

«O dolce lume a cui fidanza i' entro

per lo novo cammin, tu ne conduci»,

dicea, «come condur si vuol quinc' entro.

Tu scaldi il mondo, tu sovr' esso luci;

s'altra ragione in contrario non ponta,

esser dien sempre li tuoi raggi duci».

Quanto di qua per un migliaio si conta,

tanto di là eravam noi già iti,

con poco tempo, per la voglia pronta;

e verso noi volar furon sentiti,

non però visti, spiriti parlando

a la mensa d'amor cortesi inviti.

La prima voce che passò volando

'Vinum non habent' altamente disse,

e dietro a noi l'andò reïterando.

E prima che del tutto non si udisse

per allungarsi, un'altra 'I' sono Oreste'

passò gridando, e anco non s'affisse.

«Oh!», diss' io, «padre, che voci son queste?».

E com' io domandai, ecco la terza

dicendo: 'Amate da cui male aveste'.

E 'l buon maestro: «Questo cinghio sferza

la colpa de la invidia, e però sono

tratte d'amor le corde de la ferza.

Lo fren vuol esser del contrario suono;

credo che l'udirai, per mio avviso,

prima che giunghi al passo del perdono.

Ma ficca li occhi per l'aere ben fiso,

e vedrai gente innanzi a noi sedersi,

e ciascun è lungo la grotta assiso».

Allora più che prima li occhi apersi;

guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti

al color de la pietra non diversi.

E poi che fummo un poco più avanti,

udia gridar: 'Maria, òra per noi':

gridar 'Michele' e 'Pietro' e 'Tuttisanti'.

Non credo che per terra vada ancoi

omo sì duro, che non fosse punto

per compassion di quel ch'i' vidi poi;

ché, quando fui sì presso di lor giunto,

che li atti loro a me venivan certi,

per li occhi fui di grave dolor munto.

Di vil ciliccio mi parean coperti,

e l'un sofferia l'altro con la spalla,

e tutti da la ripa eran sofferti.

Così li ciechi a cui la roba falla,

stanno a' perdoni a chieder lor bisogna,

e l'uno il capo sopra l'altro avvalla,

perché 'n altrui pietà tosto si pogna,

non pur per lo sonar de le parole,

ma per la vista che non meno agogna.

E come a li orbi non approda il sole,

così a l'ombre quivi, ond' io parlo ora,

luce del ciel di sé largir non vole;

ché a tutti un fil di ferro i cigli fóra

e cusce sì, come a sparvier selvaggio

si fa però che queto non dimora.

A me pareva, andando, fare oltraggio,

veggendo altrui, non essendo veduto:

per ch'io mi volsi al mio consiglio saggio.

Ben sapev' ei che volea dir lo muto;

e però non attese mia dimanda,

ma disse: «Parla, e sie breve e arguto».

Virgilio mi venìa da quella banda

de la cornice onde cader si puote,

perché da nulla sponda s'inghirlanda;

da l'altra parte m'eran le divote

ombre, che per l'orribile costura

premevan sì, che bagnavan le gote.

Volsimi a loro e: «O gente sicura»,

incominciai, «di veder l'alto lume

che 'l disio vostro solo ha in sua cura,

se tosto grazia resolva le schiume

di vostra coscïenza sì che chiaro

per essa scenda de la mente il fiume,

ditemi, ché mi fia grazioso e caro,

s'anima è qui tra voi che sia latina;

e forse lei sarà buon s'i' l'apparo».

«O frate mio, ciascuna è cittadina

d'una vera città; ma tu vuo' dire

che vivesse in Italia peregrina».

Questo mi parve per risposta udire

più innanzi alquanto che là dov' io stava,

ond' io mi feci ancor più là sentire.

Tra l'altre vidi un'ombra ch'aspettava

in vista; e se volesse alcun dir 'Come?',

lo mento a guisa d'orbo in sù levava.

«Spirto», diss' io, «che per salir ti dome,

se tu se' quelli che mi rispondesti,

fammiti conto o per luogo o per nome».

«Io fui sanese», rispuose, «e con questi

altri rimendo qui la vita ria,

lagrimando a colui che sé ne presti.

Savia non fui, avvegna che Sapìa

fossi chiamata, e fui de li altrui danni

più lieta assai che di ventura mia.

E perché tu non creda ch'io t'inganni,

odi s'i' fui, com' io ti dico, folle,

già discendendo l'arco d'i miei anni.

Eran li cittadin miei presso a Colle

in campo giunti co' loro avversari,

e io pregava Iddio di quel ch'e' volle.

Rotti fuor quivi e vòlti ne li amari

passi di fuga; e veggendo la caccia,

letizia presi a tutte altre dispari,

tanto ch'io volsi in sù l'ardita faccia,

gridando a Dio: "Omai più non ti temo!",

come fé 'l merlo per poca bonaccia.

Pace volli con Dio in su lo stremo

de la mia vita; e ancor non sarebbe

lo mio dover per penitenza scemo,

se ciò non fosse, ch'a memoria m'ebbe

Pier Pettinaio in sue sante orazioni,

a cui di me per caritate increbbe.

Ma tu chi se', che nostre condizioni

vai dimandando, e porti li occhi sciolti,

sì com' io credo, e spirando ragioni?».

«Li occhi», diss' io, «mi fieno ancor qui tolti,

ma picciol tempo, ché poca è l'offesa

fatta per esser con invidia vòlti.

Troppa è più la paura ond' è sospesa

l'anima mia del tormento di sotto,

che già lo 'ncarco di là giù mi pesa».

Ed ella a me: «Chi t'ha dunque condotto

qua sù tra noi, se giù ritornar credi?».

E io: «Costui ch'è meco e non fa motto.

E vivo sono; e però mi richiedi,

spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova

di là per te ancor li mortai piedi».

«Oh, questa è a udir sì cosa nuova»,

rispuose, «che gran segno è che Dio t'ami;

però col priego tuo talor mi giova.

E cheggioti, per quel che tu più brami,

se mai calchi la terra di Toscana,

che a' miei propinqui tu ben mi rinfami.

Tu li vedrai tra quella gente vana

che spera in Talamone, e perderagli

più di speranza ch'a trovar la Diana;

ma più vi perderanno li ammiragli».

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